Alessio Cigliano, vi racconto l’anima e il cuore del doppiaggio

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In occasione del ritorno di Ken il guerriero, il doppiatore romano ripercorre la sua carriera, tra successi, sfide e uno sguardo al futuro (con ammonimento all’I.A.)

Erano gli anni Ottanta e, un po’ in sordina, nel circuito delle televisioni locali veniva trasmesso Ken il guerriero, cartone animato (o meglio “anime”, come si direbbe oggi) che di lì a breve sarebbe diventato un vero e proprio fenomeno di culto, con milioni di appassionati.
Una serie tornata al cinema gli scorsi 14, 15 e 16 ottobre grazie a Nexo Studios, nella riedizione di un film restaurato e nuovamente doppiato per l’occasione. Ma la mitica voce italiana di Ken non è cambiata: è sempre quella di Alessio Cigliano.

Nel 1987 sugli schermi faceva dunque la sua comparsa un mondo post-apocalittico, uno scenario molto simile a quello già noto di Mad Max, in cui però alcuni potentissimi guerrieri avevano acquisito abilità marziali straordinarie. 
Le loro antiche scuole di combattimento, anche attingendo alle energie e alle mutazioni generate dalle radiazioni nucleari, ne avevano fatto esseri dalle capacità sovrumane, in grado da soli di sconfiggere interi eserciti nemici. E non tutti utilizzavano il loro potere per fare del bene: in questo terribile, ipotetico (e non lontano) futuro, infatti, la popolazione inerme era spesso in balìa di crudeli signori della guerra che, spadroneggiando, ricavavano veri e propri feudi tra le rovine delle città.
A lottare contro questi biechi personaggi, e ridare speranza a una terra devastata, si ergevano pochi eroi, uno in particolare straordinariamente forte e carismatico: Ken il guerriero, depositario degli insegnamenti della sacra Scuola di Hokuto, la più letale di tutte.

Kenshiro
“Ken il guerriero”

Furono 152 episodi, suddivisi in due serie, pieni di battaglie, scontri truculenti, morti dolorose ed epici duelli. E centinaia di turpi scagnozzi massacrati senza pietà assieme ai loro malvagi padroni. In quel periodo storico, pionieristico per certi versi, a occuparsi del doppiaggio fu la Italian TV Broadcasting di Roma, le cui voci rimangono ancora impresse nella memoria di tutti gli appassionati, smuovendo nostalgiche emozioni. 
Quella di Ken in particolare appartiene, come annunciato qualche riga fa, ad Alessio Cigliano, romano classe 1966, che grazie al suo talento vanta oggi una lunga carriera nel mondo delle “voci dietro il leggio”, fino a diventare egli stesso direttore di doppiaggio.
Alessio Cigliano si è misurato con Jason Bateman, Zachary Quinto (lo Spock dei nuovi Star Trek targati Alex Kurtzman), Michael Fassbender, l’Heath Ledger di Brokenback Mountain, Jude Law e tanti, tantissimi altri.

Per presentare questa nuova edizione del film di Ken il guerriero, lo abbiamo visto partecipare ad un incontro con moltissimi fan in occasione dell’ultimo, recente Romics, la fiera romana del fumetto e dell’animazione.
Con molta franchezza, ha dichiarato che il primo giorno di doppiaggio si è rivelato perfino commovente: «Avevo le mie prime tre battute da dire, sono riuscito a pronunciarne solo due. Poi mi sono dovuto fermare per il groppo in gola».
A margine dell’evento ne abbiamo approfittato per fargli qualche domanda:

Alessio Cigliano, Kenshiro rimane un personaggio che nella sua carriera riveste un’importanza particolare. Come le è stato proposto per la prima volta il doppiaggio di questa serie? Qual è stato l’approccio iniziale?
Negli anni Ottanta ho fatto molti cartoni animati diretti da Bruno Cattaneo (famoso doppiatore di serie animate, soprattutto degli anni Settanta e Ottanta, scomparso nel 2019, NdR).
Quando nel 1986 arrivò questa serie, la sua scelta cadde su di me. La serie era particolare, anticonformista rispetto agli anime che io conoscevo come spettatore e che avevo doppiato fino ad allora. Sinceramente, credevo che sarebbe stata vista da poche persone. Non ne comprendevo la portata. Il personaggio era più grande di me e io avevo una voce più leggera, quindi ho sempre fatto molta fatica a interpretarlo. Ma ho cercato comunque di dare il massimo per ottenere un risultato quantomeno accettabile.

Alessio Cigliano
Alessio Cigliano

Lei aveva già avuto modo di avvicinarsi al mondo dell’animazione (doppiando, per esempio, il personaggio di Ganchan di Yattaman). All’epoca come venivano considerati i doppiaggi dei cartoni animati, definizione qualche volta usata in modo un po’ snobistico? 
La platea si divideva in due: c’era chi come me aveva già avuto modo di fruire degli anime, si era divertito a guardarli in TV e li apprezzava; e c’era chi, invece, non aveva gli strumenti giusti per comprendere il medium stesso. Generalmente erano visti come un intrattenimento per bambini o al massimo per adolescenti, quindi spesso venivano trattati come un mezzo per riempire i palinsesti e, nel doppiaggio, come lavorazioni di serie inferiore. Per questo, venivano pagati poco e veniva chiesto a tutti di doppiare più personaggi, anche nella stessa scena. Come si dice in gergo, a volte “ci parlavamo e ci rispondevamo”. Una palestra bella e necessaria all’epoca. 

Per il restauro del film di Ken il guerriero, lei è stato ricontattato per prestare nuovamente la sua voce. Ha avuto tentennamenti, dato che sono passati quasi quarant’anni?
Sono passati veramente tanti anni, quindi quando Giorgio Bassanelli Bisbal (direttore di doppiaggio e dialoghista specializzato in anime, NdR) mi ha chiesto se volessi riprendere quel ruolo, gli ho risposto di sottopormi a provino, per valutare se la mia voce attuale fosse compatibile con il film. Giorgio era convinto che sarebbe stata giusta, quindi mi ha affidato il ruolo senza passare per il provino. Durante il doppiaggio, eravamo entrambi consapevoli che, pur essendo la stessa persona, il risultato non sarebbe stato identico a quello che tutti i fan della serie hanno nelle orecchie. Ma immediatamente, ci siamo resi conto che comunque la recitazione era rivestita da una sorta di patina “vintage” che rendeva più riconoscibile il personaggio alle orecchie degli appassionati. Lascio il giudizio finale a chi avrà visto il film.

Che emozione ha provato nell’avvicinarsi di nuovo a un personaggio che, in qualche modo, è stato una tappa importante nella sua storia di doppiatore?

È stato un po’ come entrare in una macchina del tempo e tornare indietro di quasi quarant’anni. Nel frattempo la mia carriera è andata avanti e la mia crescita professionale è stata notevole, quindi possiamo dire che mi sono ritrovato a lavorare su un “amico d’infanzia” con la maturità della mia età. L’emozione c’è stata e spero di averla trasferita sulla pellicola insieme alla mia voce. 

Kenshiro
“Ken il guerriero”

Lei ha doppiato moltissimi attori, anche in film di grande spessore. La infastidisce l’idea di essere riconosciuto principalmente per Ken il guerriero?
È vero, ho prestato la voce a tanti attori in tanti film, telefilm, cartoni animati e documentari di tutti i tipi. All’inizio essere ricordato solo per Kenshiro mi seccava un po’, proprio per le tante opere su cui avevo lavorato. Poi però mi sono accorto che è un personaggio iconico, che comunque fa parte della mia vita e del mio percorso artistico e ho imparato ad apprezzarlo e a tenerlo nel bagaglio della mia esperienza. È un personaggio che ha lasciato una traccia importante in tutti coloro che l’hanno visto e apprezzato, e in parte questa grande popolarità è dovuta anche alla mia interpretazione; quindi mi fa piacere aver contribuito alla riuscita di una serie che è rimasta ben salda nell’immaginario collettivo.

La professione del doppiatore è cambiata moltissimo dagli anni Ottanta a oggi (come è cambiato anche il cinema, d’altra parte). Lei come abbraccia questi cambiamenti? C’è qualcosa che rimpiange?
È inutile vivere dei rimpianti, anche professionali. Il lavoro cambia, il modo di recitare cambia, cambiano i mezzi tecnici con cui si lavora e bisogna in un certo senso adeguarsi, portando però sempre con sé il bagaglio dell’esperienza maturata durante gli anni. Ho doppiato cose belle e brutte, cose importanti e poco apprezzate, tutte con lo stesso impegno e la stessa passione. È questa la chiave per continuare a emozionare quando si presta la voce a un attore che ha già fatto il suo lavoro nella sua interezza. Io non rimpiango il doppiaggio del passato, piuttosto mi piace accettare la sfida di applicarmi con passione al doppiaggio del presente per andare verso quello del futuro.

L’invasione delle serie tv, delle piattaforme streaming, l’aumento considerevole del materiale in arrivo anche da altri paesi (si pensi alle tante serie coreane, ad esempio), ha ridotto il tempo da dedicare alla cura del doppiaggio?
Il doppiaggio è regolamentato da un contratto nazionale di lavoro che fissa non solo i compensi, ma anche le modalità del lavoro. Avere più ore da doppiare sul mercato non significa che bisogna stringere i tempi: ogni singolo film o episodio deve essere doppiato sempre con la stessa cura perché il nostro compito è quello di restituire in italiano le stesse emozioni presenti nell’originale. In certi casi il tempo è veramente nemico, ma la nostra professionalità e la nostra passione mediano affinché il punto di arrivo sia sempre il risultato ottimale. Bisogna avere nel sangue questo lavoro per farlo al meglio e fortunatamente sono circondato da colleghi capaci ed entusiasti.

Alessio Cigliano

Lei, tra le tante cose, fa anche la radio. Come nasce questa idea?
La radio per me è una passione. Mi è sempre piaciuta l’idea di lavorarci, ma non mi sono mai proposto e comunque spesso era incompatibile con il lavoro del doppiaggio. Aprire una Webradio tutta mia (“Radio Cigliano”, NdR), in cui trasmettere anche una diretta con i colleghi di una vita, è un sogno che si è realizzato. Infatti, oltre a una diretta musicale che faccio con i miei amici storici nella quale ci divertiamo moltissimo, il giovedì sera c’è “Dopocena con…” che quest’anno arriverà alla nona stagione. Una trasmissione in cui invito colleghi e amici del doppiaggio. Parliamo degli uomini e delle donne che fanno questo mestiere con l’occhio di chi fa questa professione e non dell’appassionato: ascoltiamo musica con loro, ogni tanto recitiamo qualcosa, ma soprattutto raccontiamo gli esseri umani che come mestiere prestano la voce. Un punto di vista inedito che, a detta di chi ascolta, è molto interessante e coinvolgente. La radio è sempre online e quest’anno spero di riprendere le dirette verso fine novembre.

La salutiamo con un’ultima, immancabile domanda: oggi come dovrebbe comportarsi un giovane che desiderasse intraprendere questa affascinante ma non facile professione? Esistono ancora interessanti sbocchi lavorativi in questo ambiente?
Il lavoro del doppiatore è una specializzazione del lavoro dell’attore. Non importa avere una bella voce, non importa avere la dizione perfetta. Sono requisiti importanti ovviamente, ma quello che conta è avere delle emozioni e saperle trasmettere negli occhi di chi si doppia. L’intelligenza artificiale si sta affacciando in tutti i campi e potrebbe affascinare chi vuole ridurre i costi e velocizzare i tempi, ma tutte le volte che ognuno di voi è andato al cinema o ha guardato in televisione un film o un telefilm e si è emozionato, si è alzato soddisfatto anche per il nostro lavoro. Un lavoro che non è solo tecnica: è cuore e anima. A me piace pensare che in futuro si farà attenzione non solo ai costi e ai tempi, ma anche alle emozioni che solo un attore doppiatore bravo e capace può restituire a una pellicola.

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